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22/06/2025
Referendum 2025, altro che rivoluzione…vince l’indifferenza
La verità? Nel 2011 ci fu l’eccezione. Il popolo in quell’occasione tornò alle urne facendo registrare una percentuale dell’affluenza pari al 54,8%, prima di allora l’ultima volta che il “vox populi” ha funzionato fu per il referendum dell’11 giugno 1995. In quel caso si parlava della privatizzazione della Rai, contributi sindacali, rappresentanze sindacali, contrattatazione pubblico impiego, raccolta pubblicitaria, le concessioni televisive, gli orari degli esercizi commerciali. Nell’ultimo, l’attuale, lavoro e cittadinanza non hanno convinto i cittadini, meglio una bella giornata al mare. Pensate, in 60mila erano in spiaggia a Baia Domizia. Il 22,7% alle 23 del primo giorno di votazione dà l’immagine di un quadro più preciso e abbastanza avvilente. Nel Comune di Napoli alle 23 ha votato il 24,95% degli aventi diritto; alle elezioni europee, allo stesso orario, la percentuale era del 36,83%, nel 2022 alle politiche fu del 49,68% ma nello stesso anno il referendum registrò l’8,47%.
Sfortunati i referendum, dunque, da molti anni. Dal 1946 ad oggi in Italia se ne sonno svolti 83, di cui 77 referendum abrogativi, 4 costituzionali, un referendum istituzionale, un referendum di indirizzo. L’anno del divorzio, 1974, nei giorni 12 e 13 maggio, si recò alle urne l’87,7% degli aventi diritto, nel 1978 votò l’81,2%. Poi, mai più l’80%, sfiorato quasi nel 1981 quando la percentuale fu del 79,4%; nel 1985 la percentuale fu del 77%. Nel 1987 la percentuale fu del 65,1%. Quorum non raggiunto nel 1990 ma l’anno dopo, 1991, si tornò con 62,5% e anche nel 1993 con una bella fetta di maggioranza della popolazione che si recò alle urne: tra il 76 e il 77%. L’ultima, come dicevamo fu nel 1995 con un numero che variava tra il 56 e il 58%. Quorum non raggiunto nel 1997, nel 1999, nel 2000, nel 2003, nel 2005, nel 2009, nel 2016 e nel 2022.
Il Referendum in Italia, è un fallimento. Lo dice la Storia. Anzi, l’Italia è un fallimento. Il popolo italiano lo è. Quello che snobba il sacrificio di avi che hanno dato la vita per far sì che da quel 2 giugno 1946 si possa votare, tutti. L’astensionismo, la non curanza e l’indifferenza sono ormai un cancro al terzo stadio e la possibilità di salvarsi si allontana sempre più. Non si tratta di votare sì, si tratta di votare, di recarsi alle urne e mettere una croce perché quella matita sul foglio in una dittatura non è consentita e, qualora non sia tornata la voglia di essere governati da un Sovraano solo e assoluto, certe azioni concrete, da cittadini con doveri e diritti si dovrebbero verificare. “Libertà è partecipazione” cantava Giorgio Gaber. Oggi sono rimaste solo le parole. In alcunicasi, neanche quelle. Niente più lamentele da domani, il popolo è artefice del proprio destino. Chi tace acconsente.