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09/02/2025

Per Sanremo Geolier scrive e canta in napoletano, De Giovanni: “Uno scempio”. La bufera continua…

“È una lingua antica e bellissima, con la quale sono stati scritti capolavori immensi. È un patrimonio comune, ha un suono meraviglioso, unisce il maschile e il femminile come fa l’amore. Non merita questo strazio. Basta chiamare qualcuno e farsi aiutare. Un po’ di umiltà”. Tuona così lo scrittore e sceneggiatore Maurizio De Giovanni. Usa parole difficilmente fraintendibili per esprimere il proprio dissenso sul testo dell’artista Geolier, in gara al prossimo Festival di Sanremo. Il drammaturgo non è l’unico a pensarla così. Le parole contrarie – citando Erri De Luca – sono tante.

La scelta di Amadeus di far cantare in napoletano dopo 74 anni dalla nascita della kermesse musicale sarebbe stata accolta bene ma la decisione di far cantare in una lingua che non è esattamente quella corretta non va giù a tanti. Al di là dell’artista, che può piacere o meno, è proprio la scrittura che non va bene, a molti. Atri invece tornano sul concetto di “dialetto”, un modo di comunicare che si trasforma, cambia in base agli anni, ai suoni, alla capacità di restare tradizione o mutarsi in slang.

Il fulcro del problema e della bufera mediatica forse è proprio in questo concetto. Se il napoletano è un gergo alla portata di tutti allora può e deve essere raccontato in un modo o in diversi modi; se è una lingua allora segue delle regole. Al centro c’è un messaggio: che immagine di Napoli va a Sanremo?

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